Sono un appassionato di sport ma in tanti lo seguono in modo superficiale quindi devo fare un’introduzione doverosa.
Lo sport crea un punto di contatto fortissimo tra l’emozione e i limiti fisici che l’uomo può raggiungere e superare. Ad esempio correre la maratona in meno di due ore è considerato un limite invalicabile almeno per i prossimi 10-15 anni (l’attuale record è 2 ore, 2 minuti e 57 secondi) .
Queste sfide sono anche ora oggetto di “marketing” da parte delle grandi aziende, come Nike ed Adidas, che hanno dichiarato di lavorare a progetti per portare gli atleti a superare in generale questi limiti e più nello specifico quello della maratona.
I limiti nello sport
I cosiddetti limiti invalicabili, soprattutto nello sport, sono stati oggetto di una ricchissima letteratura, come di diversi film (ricordate The Race di cui ho già scritto?). Perché in fondo è l’uomo che vuole confrontarsi con se stesso.
Nel 1968 fu ad Jim Hines a correre per la prima volta i 100 metri piani in meno di 10 secondi; oppure nel 1985 fu Sergei Bubka a saltare più di sei metri con l’asta.
Il limite più “famoso” soprattutto per chi fa il nostro mestiere è quello abbattuto da Roger Bannister che nel 1954 corse per la prima volta il miglio sotto i 4 minuti, un limite ritenuto da tutti fisiologicamente invalicabile. L’esempio di Bannister viene comunemente utilizzato per spiegare come i limiti sono spesso solo mentali, dato che nell’anno successivo decine di atleti corsero il miglio sotto i 4 minuti e più velocemente di Bannister.
La maratona in meno di due ore
Qualche mese fa la Nike annuncia che sabato 5 maggio 2017 all’Autodromo di Monza avrebbe tentato di scendere sotto il limite delle due ore nella maratona e le reazioni sono state di due tipi:
“ahahahahahahahah” = non prendo nemmeno in considerazione l’ipotesi
“anche se ci riescono, è qualcosa di artificiale, non è vero sport” = magari ci riescono, metto le mani avanti e mi dissocio.
Queste reazioni sono state dettate dalla paura del limite…o dalla paura che il limite venga superato?
Comunque altro che artificiale. Sabato 5 maggio a Monza è sceso in pista non uno qualsiasi, ma Eliud Kipchoge attuale campione olimpico della Maratona a Rio 2016. Uno che ha macinato così tanti chilometri di corsa per quella medaglia da zittire qualsiasi giornalista.
Kipchoge ha corso la maratona in 2 ore e 25 secondi.
Sono 25 miseri secondi oltre quel limite ritenuto invalicabile. WOW.
Cosa ci insegna questo evento
Innanzitutto che è vero quello che si dive comunemente: se parliamo di qualcosa, significa che è reale. Anche solo parlare di questo tentativo, ha reso più concreta l’ipotesi del superamento.
E questo vale anche per i nostri obiettivi: parlarne con chi ci sta intorno, scinderli in micro-obiettivi, fare come se fosse già realizzati, predispone il nostro cervello a vederli già realizzati. E quindi a farlo più facilmente.
Allo stesso modo devi evitare di esplicitare, e quindi di plasmare, pensieri negativi, eventi che vuoi evitare.
Le parole sono importanti, usale per qualcosa di importante.
Lo stesso Kipchoge ha dichiarato “Si è vero, non ce l’ho fatta…stavolta. Ma ora so che è realmente possibile ed è solo questione di tempo”. Perché realmente il fallimento è solo un feedback e ora non c’è più un limite invalicabile bensì un evento da realizzare, riposizionandolo sulla timeline molto prima dei 10-15 anni ipotizzati.
E anche questo è un esercizio che possiamo fare con i nostri obiettivi.
È importante che si continui, senza ossessione, a ragionare sui limiti.
Perché sapere che nulla ci è precluso, ci consente di declassare tanto o quasi tutto da limite a semplice evento da raggiungere.
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